FONDAZIONE ANNO MILLE 
di R. Simone

 

I Interludio

 

L’uomo affacciato sul balcone osservava le ultime luci del giorno farsi sempre più fioche dietro un orizzonte purpureo che iniziava a cedere il passo al meraviglioso cielo stellato di quella zona centrale della galassia, sede in passato, di un immenso impero estesosi fino ai suoi più reconditi confini, prima di collassare sotto il peso della sua stessa magnificenza.

La regione centrale di quel settore galattico regalava spettacoli astrali oltre ogni immaginazione ed era assurdo, pensava, come nel passato gli uomini si erano potuti chiudere sotto gigantesche cupole, privando i loro occhi di simili panorami celesti. In alto sullo zenit, una nebulosa color rosso vermiglio, contornata da sfumature giallo-verdi imperava da centinaia di migliaia d’anni, con l’esclusivo compito di incubare e forgiare le giovani stelle; qualche grado più a destra, un antico ammasso globulare, grande alcune centinaia di anni luce, metteva in bella mostra le migliaia di stelle in esso contenute ed infine lo scintillio quasi uniforme di stelle più o meno luminose con tonalità che andavano dal blu, al giallo, all’arancione, a seconda della loro temperatura, completavano il resto del cielo in una girandola cromatica mozzafiato.

Solo una piccola zona del cielo, posta al centro di una più vasta e luminosa, tra lo zenit e l’orizzonte restava buia e priva di sorgenti luminose. In quella direzione si estendeva il cosiddetto “settore centrale”, una sfera di circa cinquemila anni luce di diametro, che conteneva la metà della massa complessiva della galassia e dove nel suo centro predominava il grande Buco Nero, l’oggetto più stravagante dell’universo che da tempo immemorabile ingurgitava stelle, gas, polveri e quant’altro gli capitasse nei dintorni. Da lì neanche la luce poteva fuggire, il buio e soprattutto la gravità regnavano sovrani. Quello, dopotutto, era l’unico settore disabitato, se si escludeva qualche asteroide con impiantate delle stazioni di ricerca, che a causa dell’enorme attività stellare composta soprattutto da radiazioni gamma e x, non concedeva zone relativamente tranquille affinché un pianeta potesse mantenere condizioni stabili adatte alla vita.

 

Un’altra persona nel frattempo uscì sul balcone, gli si affiancò e fissò anch’egli il cielo per qualche istante.

La conversazione che seguì non fu vocale ma esclusivamente mentale ed avvenne in maniera rapida. Quel modo di comunicare, infatti, non aveva bisogno del tempo che solitamente si impiegava per pronunciare le frasi; tutti i pensieri, le emozioni o gli stati d’animo che si volevano esprimere si formavano direttamente nella mente altrui istantaneamente.

 

 

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