-
No. Ti trovi sul pianeta meglio conosciuto come Trantor.
-…Comprendo…Posso
farle…una domanda…signore?
-
Certo Delonius, ma chiamami Judh.
-
Judh…Sapresti dirmi cosa…ne è stato del mondo di…Aurora e…degli
altri quarantanove…androidi…costruiti dal dottor…Amadiro?
Judh
ebbe un attimo di compassione per quella macchina che non riusciva più
a vedere come tale. Non doveva essere affatto facile ritrovarsi
catapultato in un epoca che non ti apparteneva e sapere che tutto ciò
che conoscevi non esiste più. Ma, del resto, si rese subito conto che
sicuramente quell’essere non avrebbe dovuto provare emozioni di
sorta…o forse sì?
-
Vedi Delonius, da quando sei stato creato ad oggi sono trascorsi molti
secoli e da allora sono cambiate molte cose, milioni di pianeti sono
stati colonizzati ed altri sono stati abbandonati, imperi sono nati e
poi sono crollati. Del tuo mondo penso si sia persa completamente
traccia oppure, probabilmente, esiste ancora ma non più sotto il nome
di Aurora.
Passò
qualche istante prima che l’androide potesse recepire
quell’informazione poi, improvvisamente, il suo occhio sinistro si
chiuse.
Judh
capì che le sue condizioni si erano aggravate.
-
Delonius, puoi sentirmi?
Trascorse
qualche attimo di silenzio.
-
Si…Judh, riesco a…sentirti. Ho dovuto disabilitare le mie…funzioni
secondarie…nello sforzo di mantenere…stabile il
mio…cervello…positronico… Non so per…uanto…riu…scirò…
-
Comprendo le tue difficoltà, Delonius. Se hai bisogno di riposo per
riprenderti posso… - non terminò la frase
-
Tutto…inu…ile. Flusso…pos…tronico instabile…zzz…funz…primarie…
compromesse …operatività… ridott…zzz …posit…graak…disatt…zzz…
Dall’androide
non uscì più nessun suono. L’essere artificiale giaceva ormai senza
vita, se di vita si poteva parlare, in quella che era stata la sua bara
per migliaia di anni e solo in quel momento Judh si accorse che il petto
di Delonius aveva cessato anche quel movimento ritmico che simulava la
respirazione.
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