Il tonfo lo udì qualche secondo più tardi e lo scossone che seguì lo fece quasi cadere dalla sua poltrona.

Si guardò intorno con aria attonita per qualche secondo poi uscì di corsa dalla sua cabina, si precipitò al posto di pilotaggio ancora ignaro di cosa fosse successo e si collegò con l’interfaccia neurale del computer.

Le letture dei sensori esclusero la collisione con qualsiasi tipo di corpo meteoritico ma gli segnalarono, invece, l’impatto di un proiettile ad alta energia nella parte posteriore sinistra dell’astronave.

Non ebbe tempo di domandarsi da dove diavolo fosse arrivato quel proiettile che ricevette l’avviso di una comunicazione video in entrata.

Sul piccolo schermo lattiginoso, comparso sul lato destro del vetro anteriore, apparve l’immagine di un uomo tarchiato, con occhi piccoli e con una folta barba rossiccia che gli scendeva dalle guance come due basette lunghe.

- Sono Kaitos Sirrah, della Libera Associazione dei Regni Nebulari, comandante dell’astronave Azzannatrice. Siete sotto la mira delle nostre armi, spegnete i motori e preparatevi ad essere abbordati. Se non opporrete resistenza non vi verrà fatto alcun male.

E il collegamento si chiuse con il volto sogghignante di quell’uomo.

Accidenti, questo non ci voleva, pensò Judh. Quell’Associazione Libera era in pratica una banda di veri e propri pirati, proveniente dal settore dei Regni Nebulari, che depredavano le navi mercantili e private che si avventuravano al di fuori delle principali rotte commerciali. Solitamente con le navi mercantili si limitavano a ripulirle, lasciando incolumi o quasi i membri d’equipaggio mentre le navi private diventavano il loro bottino principale per poterle rivendere e, non avendo l’abitudine di fare prigionieri, usavano sbarazzarsi dei passeggeri.

Con le sue capacità empatiche avrebbe potuto controllare due o forse tre pirati contemporaneamente una volta saliti a bordo ma se ne fossero arrivati di più lo avrebbero sicuramente sopraffatto.

In quel momento l’unica soluzione era la fuga, del resto lui pilotava un’astronave antigravitazionale e quella antiquata nave pirata non avrebbe potuto competere in velocità. La sua salvezza dipendeva dal riuscire o meno a compiere un balzo iperspaziale ma, ovviamente, non poteva effettuare quell’operazione senza avere prima delle coordinate di uscita per non rischiare di rientrare nello spazio reale nel bel mezzo di un campo di asteroidi, nelle vicinanze di un campo gravitazionale o dentro una nebulosa di gas ionizzato. Doveva prender un po’ di tempo affinché il computer potesse calcolare una rotta sicura e nel frattempo, condizione necessaria per eseguire il balzo, doveva assumere e mantenere una rotta rettilinea oppure fermare la nave.

 

pag. 17