Dopo circa un’ora il computer eseguì la
successiva serie di balzi, terminata la quale, comunicò a Judh il non
perfetto allineamento di alcune stelle rispetto alle coordinate
inserite. Trascorsero quindi circa quattro ore affinché in computer
triangolasse la posizione di tutte le stelle visibili, circa cinquemila,
verificandole con quelle inserite nel database e correggendo le
coordinate di quelle che non corrispondevano.
In quel lasso di tempo Judh ne
approfittò per concedersi un po’ di riposo prima di entrare nel vivo
della missione. Trascorse la prima ora disteso sul suo letto
completamente sveglio, facendo andare la mente a ruota libera.
Stranamente ripensò alla sua infanzia, ai suoi genitori anch’essi
psicostorici, all’insegnamento della disciplina mentalica e a tutte le
raccomandazioni a non dare sfoggio delle proprie capacità davanti ad
estranei. Tu hai un dono, gli ripetevano,
Se dovessimo farci riconoscere al resto della galassia
verremmo visti come una minaccia a causa delle nostre capacità. La
riservatezza è l’unico modo per garantire la nostra incolumità.
Parole difficili da far capire ad un
bambino ma, del resto, ci erano riusciti quindici generazioni di
mentalisti a far capire questa regola principale ai loro figli ed alla
fine, la capì anche lui.
All’età di quindici anni apprese le prime
nozioni sulla psicostoria e tre anni dopo, insieme ai suoi primi studi
di archeologia, iniziò ad utilizzare il Primo Radiante per interpretare
le equazioni psicostoriche inserite nel contesto storico della galassia.
Furono anni in cui lo studio lasciava poco spazio alla spensieratezza e
al divertimento. Mentre i suoi compagni d’università trovavano il tempo
per svagarsi nei seppur esigui locali della città, Judh passava il suo
tempo nei sotterranei della Biblioteca Imperiale ad esercitarsi nella
mentalica e nelle previsioni psicostoriche e non poche volte si era
trovato ad assumere lo sgradito ruolo del classico studente secchione
tutto casa e scuola.
Non riuscendo a prendere sonno per tutti
quegli echi del suo passato, prese un induttore di onde alfa, lo
programmò su sessanta minuti e se lo poggiò sulla fronte affinché
stimolasse il suo cervello nel generare quel tipo di onde cerebrali che
provocano il sonno.
Finalmente si addormentò.
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